Domanda:
Viene prima il significato o il senso delle cose?
etcetera
2011-11-26 10:03:50 UTC
Se significare vuol dire fare di qualcosa segno di qualcos' altro, quindi è il continuo rimandare di ogni cosa a qualcos' altro, nel significare si esprime l' infinità relazionale di ogni ente in sé, laddove il senso sta invece a indicare che questo continuo rimando di segni ha una direzione precisa, un punto di arrivo e di origine incontestabile che conferisce a tutti i significati la prospettiva di una storia.
Certo, questo ente che tra tutti gli enti richiama a sé ogni significato dando ad essi un senso è cambiato e continua a cambiare nei tempi e nei luoghi assumendo la forma di un Dio, dell' Essere, del Divenire, del Sé, dell' Io con il suo Egoismo, del Caso, della Materia-Energia, dello Spirito, della Teoria Fisica del tutto, della Logica, della Funzionalità, del Mistero indefinibile, del Nulla. Per lo più si pensa che siano i significati delle cose a indicare la prospettiva di senso per come spontaneamente si danno. Ma se invece fosse proprio l' emergere di questi portatori di senso a determinare i significati per come si danno? Ma allora che senso hanno questi Enti che danno senso? A quale riferimento di senso ancor più originario potranno mai alludere per chiudere il cerchio?
Dieci risposte:
DrEvol
2011-11-26 12:29:32 UTC
Il significato di una cosa o di un evento è sempre CONTESTUALE. Dare senso significa dare significato ad un contesto della realtà.



Il significato o il senso di ogni cosa, di un'esperienza, di un'azione o di un evento è dato dal contesto in cui l'osservatore e la cosa osservata producono. Esempio PRATICO:



Ad un artista viene mostrata una goccia di un liquido sotto un potente ingrandimento di un microscopio elettronco e l'artista dà a ciò che vede un senso o un significato nel suo contesto. Magari le lunghe catene colorate di vermiciattoli che s'inpennano e s'intrecciano gli rammentano collane favolose o composizioni di colori ideali che lo ispirano a dipingere un quadro astratto.



La stessa lastrina viene mostrata ad un ragazzino in piena pubertà e quelle forme bislunghe colorate che si muovono spasmodicamente gli rammentano l'organo sessuale, ora a riposo, ora eretto. Il senso o significato di quello che osserva non va oltre.



La stessa lastrina viene osservata dal medico biochimico a capo del laboratorio e la sua reazione è di orrore e di apprensione. Egli sa che quella goccia da analizzare appartiene al liquido prelevato di un suo carissimo amico. Egli sa che quelle forme colorate microscopiche indicano un'infezione cronica fatale e che egli dovrà portare la triste notizia di una malattia incurabile al suo amico e alla sua famiglia .



Il contesto dell'osservatore e dell'osservato è l'insieme di tutti i fattori della REALTA' che concorrono nel dare un senso preciso ed un significato preciso in relazione assoluta alla conoscenza del contesto da parte dell'osservatore. In altre parole... la realtà è una sola. Il contesto è l'insieme dei fattori osservatore/osservato. La conoscenza della realtà varia a seconda della capacità dell'osservatore di saper tener conto di tutti i possibili fattori del contesto in cui si trova a vivere.

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@Mid Night -- La percezione dei sensi non è una scelta che cambia con l'incremento della nostra conoscenza. Quello che percepiamo con i sensi ci viene meticolosamente imposto dalla realtà così com'è. Ogni percezione sensoriale è il risultato di un contesto dove TUTTI i fattori sono già stati automaticamente considerati. Ma il pensiero, ciò che pensiamo, come valutiamo quello che le percezioni sensoriali ci danno dipende da quanta conoscenza abbiamo acquisito, da quanti fattori abbiamo tenuto in considerazione per arrivare al significato, al senso e quindi al concetto astratto sempre più completo di ciò che percepiamo. Per esempio, i sensi non mentono quando ci dicono che il sole si muove ogni giorno da est ad ovest. I sensi prendono automaticamente in considerazione tutti i fattori che giocano in quel contesto, inclusa la nostra ignoranza astronomica. Ma quando il pensiero ci porta a capire che la superficie terrestre si muove in senso opposto al movimento del sole, un fattore nel contesto cambia. La percezione della realtà è rimasta la stessa, ma il SIGNIFICATO è cambiato. Il senso o significato è derivato dalla CONOSCENZA (corretta o incorretta) che l'essere umano acquista del contesto della realtà percettiva dei sensi.
anonymous
2011-11-27 18:11:45 UTC
noi prima percepiamo le cose e ne abbiamo un esperienza diretta o indiretta dopo gli diamo un significato facendone una relazione fra le cose percepite...



Esperimento Tratto da "Mind Time, il fattore temporale della coscienza, di Benjamin Libet"...

hanno messo il soggetto davanti ad un orologio poi gli hanno messo un sensore al polso per rivelarne il movimento e gli hanno detto di muovere il polso quando voleva e di riferire tramite la lancetta dell'orologio il momento nel quale l'aveva mosso il polso...

indovina, solo dopo mezzo secondo dopo aver mosso il poso il soggetto è divenuto cosciente di aver compiuto l'azione, prima agiamo poi diveniamo coscienti di aver agito, possediamo solo la coscienza d'acceso non fenomenica...

si può dire che se un avvenimento dura meno di mezzo secondo noi non lo percepiamo consciamente, immaginati una schermo blu nel quale viene mandata un immagine che dura di meno di mezzo secondo te non la percepisci e ti sembra che non ci sia nessuna variazione nello schermo, ma cmq viene percepita solo a livello "inconscio"...

a questo punto uno si domanda che senso ha essere coscienti se la coscienza non interviene direttamente nelle azione ma è solo una "spettatrice passiva" di ciò che avviene, in effetti la coscienza serve al cervello come un auto riconoscimento che non serve per agire ma solo per saper di aver agito o percepito qualcosa, e qui la definizione eliminativistica o riduzionistica che l'uomo è una macchina cognitiva passiva complessa e imprevedibile...

il senso quindi viene da una data rielaborazione di relazione del nostro cervello dopo la percezione (e le percezioni passate) poi lo spettatore di ciò è la coscienza ma sempre in maniera ritardata, dunque la caduta della coscienza fenomenica...:)



ovviamente ci sono anche tesi contrarie tipo il materialismo biologico di Serle, o lo stesso Libet che dopo aver fatto questa scoperta inventa una nuova forza per continuare a mantenere in piedi al vecchia concezione della coscienza fenomenica "il campo mentale cosciente" ritornando al dualismo...
?
2011-11-27 12:51:49 UTC
Domande di questo tipo sono un tentativo di penetrare in strati più elevati di coscienza, per oltrepassarli, cercando di spostare il fuoco dell'attenzione su livelli sempre più sottili, senza perdere la presa su quelli già sondati. Ma per capire il significato o il senso delle cose e quale dei due venga prima, come importanza, è necessario raggiungere lo stadio finale della meditazione su se stessi, prima che sulle cose, quando il senso di identità va oltre l'"io sono questo", oltre l'"io sono", oltre l"io sono il testimone", oltre persino l"esserci" fino a raggiungere il puro essere impersonalmente personale. La risposta alla tua domanda si può ottenere riducendo gli interessi a ciò che facciamo, ai bisogni indispensabili e concentrando ogni energia a tutto il nostro tempo nell'infrangere il muro che la mente ci ha eretto intorno. Alla fine di questa meditazione possiamo conoscere tutto "direttamente" e non occorrono prove. Come ogni goccia ha il sapore dell'oceano, così ogni momento ha il gusto dell'eternità. Le definizioni e le descrizioni incentivano la ricerca, ma dobbiamo oltrepassarle per cogliere ciò che è indefinibile e indescrivibile se non in termini negativi. La realtà delle cose non è un concetto, ne lo è la loro manifestazione. Senso e significato sono un gioco mentale, conta soltanto la conoscenza di noi stessi, dell'Io sono" e se ci concentriamo con la mente e con il cuore su l' Io sono,se ci chiediamo qual'è la sua origine, la sua fonte di energia, il suo significato, capiremo "le cose" per quello che sono: è un po' come eliminare tutto ciò che non è acqua finché raggiungiamo la polla. Ciao
Mid Night - Il viandante
2011-11-26 19:31:22 UTC
Penso che sia un problema risolvibile se ci mettiamo in una prospettiva in cui il senso delle cose è tale solo per una relazione come dici tu, e in questa relazione rimandante, il significato lo consideriamo come una sorta di (parziale) riconoscimento delle nude identità in cui l' una dice all' altra qualcosa sul suo conto circa un aspetto che essa sola non potrebbe scorgere. Salvo poi porci il problema se una qualsiasi nuda identità sia possibile senza una relazione.

Per la relazione infatti ci vogliono pur sempre almeno due termini di riferimento, dunque la questione è se queste due cose abbiano un loro senso nudo che venga poi vestito de significanze varie.. e se lo stesso senso possa esistere al di fuori di questa relazione, ma cosa ancora più interessante è chiederci cosa rimane se si toglie uno dei termini di riferimento, che fine fa l' altro insomma ?



Tu dici che sia Un ente a richiamare a sé ogni significato dando prospettiva di una storia, e che tale ente continua a cambiare nei tempi e nei luoghi. Io non credo sia del tutto lecito conferirgli una caratteristica di entità..se ci si fa caso quasi tutte le cose che hai elencato più che essere individuabili in una entità definibile e contestualizzabile, sono accomunabili per una modalità del loro essere poste e considerate che presenta per tutti i casi gli stessi tratti, le stesse dinamiche pur differenziandosi in superficie per particolarsmi eventualmente rilevanti o meno.

Ed è una modalità che come caratteristica principale sembra avere sempre come unica costante la sua pretesa di assolutezza..una pretesa cioè di essere espandibile per qualsiasi cosa sia considerabile.

A noi certo viene facile identificare le cose conferendo loro una veste, abbiamo quasi un bisogno patologico congenito nel voler vestire ogni cosa di una significanza..di volerle riconoscere un senso, perché infatti solo così le cose possono essere e noi con esse nel nostro significarle..

le cose sono nel momento in cui vengono significate come sono, con il loro senso, e anche l' ente significante e il suo bisogno di significare deve prima essere vestito di una significanza.



Ma al di là di questo continuo rimando infinito di significati e sensi, che poi non è che divergono più di tanto dato che il supporre un senso delle cose è un momento postumo del significare, cosa rimane ? Forse la pace dell' assenza..dell' assenza di qualsiasi pretesa..in fondo sia il significare che il significato, che il senso, assumono il valore che assumono solo in relazione a se stesse. È un gioco tutto bizzarro in cui la mente è in un tribunale mentale dove è simultaneamente accusatrice, imputata, giudice, testimone e giuria di se stessa.



L' emergere dei portatori di senso è anche esso un momento postumo del significare le cose, perché se è vero che un soggetto è il presupposto di qualsiasi significare non è necessariamente sempre vero che tale soggetto debba portare un senso o pretendere di vestire le cose con varie significanze, senza nemmeno porsi il problema se anche questo suo atteggiamento sia pur sempre un modo di significarsi le cose.

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@Andrea la tua dimostrazione con tutta la sua pretesa di significanza ha un problema implicito molto particolare. Chi fra noi due è il pensante dell' altro e chi è il pensato ? Io esisto al di fuori del tuo pensiero ? Mi potrai rispondere di no, però io ti dico che è da circa 21 anni che esiste una realtà solo nel mio pensiero in cui ad esempio non esisti tu e nemmeno il tuo pensiero...dimostrami il contrario.

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Mi stupisco sempre di più di come @Dr Evol riesca ad ignorare l'eventualità che anche ciò che chiama Realtà, o ciò che si voglia considerare come contesto sia del tutto avulso dalla stessa problematica che si vuole contestualizzare. Il dare senso o significanza alle cose è anche voler dare al contesto la valenza che ha, dunque il contesto è sempre tale indipendentemente dalla significanza che gli si attribuisce ? La domanda vale anche per @Enselot
Panter [I am the original]
2011-11-26 19:23:28 UTC
Il senso della cosa può svelarsi solo tra i vari significati che la cosa esprime in un rimando continuo tra ogni significato e il suo corrispettivo senso che porta ad altro significato, ma significato e senso non può esser ente ma solo espressione dell'ente stesso nel suo manifestarsi, ed il motivo del senso non esser ente è dato dal variare del significato nei vari significati che la mente riesce a percepire a meno che si accetti il divenire come prerogativa dell'ente oppure come dici tu che il senso è l'ente che svela i vari significati in funzione dei diversi sensi che si danno per arrivare al vero senso. Francamente non so se l'ente ha un solo senso o ne abbia molti in funzione di come l'ente viene percepito.
Awakener [ಠ_ಠ™]
2011-11-26 18:45:52 UTC
Andrea: il tuo ragionamento mostra che noi possiamo percepire una realtà solo mediata dal pensiero, non certo che una realtà al di fuori di noi, in sé stessa, non esista.



Per quello che ha fatto la domanda: a volte la filosofia risulta più interessante se non ci si impegna a complicarla con parole astruse. Comunque sia senso che significato sono attributi che noi decidiamo di applicare sugli enti seguendo la nostra inclinazione/ideologia/filosofia/fede/pensiero/ecc. Alcune si faranno guidare dal senso per decidere i singoli significati, altri partiranno dai significati per dedurne il senso.



--



Quindi io non esisto e sono soltanto un'invenzione della tua mente? E cos'è la tua mente? Saresti Dio? Da dove attingeresti i dati per "pensare" questa realtà che non esiste? Perché l'impossibilità di dimostrare logicamente che esiste una realtà al di fuori del pensiero implica che non esista una realtà fuori dal pensiero?
Giuliana D
2011-11-26 21:10:59 UTC
Supponendo che la ragione operi da sola, a priori......... la ragione vedrebbe di conseguenza nelle cose solo ciò che lei stessa vi potrebbe porre secondo il proprio disegno.

Nella conoscenza l'Oggetto dipende dal Soggetto, cioè si adatta alle leggi del Soggetto che riceve conoscitivamente.

Il fondamento dell'unità e della conoscenza dell'esperienza in quanto suprema attività di sintesi si chiamo: Io Penso.

L'Io Penso non è sostanza ma pura attività unificante. Nessuna conoscenza può uscire dai limiti dell'esperienza. Ergo , le idee non allargano la nostra conoscenza ma ci permettono di , eventualmente, unificarla. Cioè darle ordine, se non senso o significato ultimo che non ci è permesso raggiungere con la sola Ragione.

Il famoso salto nel buio Kantiano è , per ora, per me, ancora l'unica verità.

Mi piacerebbe compierlo.

Ciao!
anonymous
2011-11-26 20:06:23 UTC
per me significato, è dare a qualcosa di esistente delle parole, delle immagini o altro.

è prendere qualcosa che già esiste, e attribuirgli certe cose.

che non è esattamente fare di qualcosa segno di qualcos'altro, o forse si ma c'è da chiarire il soggetto: cos'è che ha significato, la parola, o ciò che la parola descrive?

se vedo una sedia e penso "sedia", quel che sto facendo, per come intendo io "significato", è dare a ciò che vedo un commento, dare a ciò che vedo la parola "sedia".

se sentendo la parola "sedia" penso all'immagine di una sedia, sto attribuendo alla parola "sedia" l'immagine della sedia.

quindi si, alla fin fine è fare di qualcosa segno di qualcos'altro, ma non dimentichiamoci che questo segno è temporaneo e contestuale, e che prima del collegamento, "sedia" e "immagine della sedia" esistono entrambe, per quanto solo a livello di percezione (suono, o scritta, e immagine)

percui, perchè a una parola dò un significato o a un'immagine dò una parola? perchè faccio il collegamento?

mi sembra evidente che non può esserci un motivo e basta! magari sto facendo il collegamento perchè sto imparando a parlare, o magari sto facendo il collegamento perchè parlo inglese e sto imparando l'italiano, e magari il collegamento che faccio è tra "chair" e "sedia" e l'immagine c'entra un po' meno nel collegare i linguaggi, ma c'entra comunque per transitività,

o magari sto inventando un nome per la cosa che ho appena inventato, o magari chissà cosa!

da cosa dipende il motivo per cui faccio il collegamento?

la mia risposta è, dipende dal contesto. se faccio il collegamento c'è un motivo ed è contestuale, definito solo dal momento in cui si fa il collegamento.

se poi voglio dare un nome al contesto, a me viene comodo chiamarlo caso, dato che non posso scegliere il mio contesto, e quindi è una variabile non correlata alla mia volontà, e quindi posso chiamarlo caso,

ma nulla mi impedisce di indagare il contesto, e di chiamarlo "fisica", o di personificare il contesto, e chiamarlo "dio",

quindi dipende solo da cosa si vuole fare, e a questo punto possiamo anche estrapolare la volontà e definirla responsabile di tutto,

ma se a ciò che c'è togliamo ogni significato, qualcosa rimane, l'importante è questo.

i significati sono descrittori di ciò che c'è dietro: non si tratta di un referenzialismo infinito, si tratta di aggettivi applicati a cose già esistenti,

ma mi rendo conto che si può vedere in più modi e che il discorso può rivelarsi infinito.

ma il senso è un po' questo.

saluti!

@Mid Night - mi viene da dire che si, il contesto è sempre quello a prescindere dalla valenza che gli si dà (non credo il contesto in sè abbia una valenza: la stessa cosa si può descrivere in più modi, le si può dare più significati, e questo vale anche per il contesto),

ma c'è anche da stabilire cosa è "un" contesto, dato che se parliamo di contesto, parliamo di qualcosa immerso in un contesto, e già dividere il qualcosa dal suo contesto, è fare qualcosa di soggettivo: cosa c'è di più soggettivo che dividere lo spazio in due parti?

quindi il contesto è solo uno, solo se ignoriamo la divisione tra l'oggetto e il suo contesto, se lo consideriamo un tutt'uno che prescinde da qualsiasi divisione soggettiva.

è anche vero però che se due persone si mettono d'accordo, possono operare divisioni sufficientemente simili per poter descrivere la stessa cosa da due punti di vista diversi (che sono a loro volta dei contesti, stavolta per forza di cose (e per fortuna) diversi...)

mi sto perdendo saluti!
ADON il Nadir
2011-11-26 18:59:01 UTC
il senso è il significato,senza il senso il significato non può avere valore
?
2011-11-26 18:37:01 UTC
L'errore sta nel realismo , cioè nel credere che eista una realta' al di fuori del pensiero.



Dimostriamo che la realta' non esiste, ma che tutto è pensiero:



Supponiamo per assurdo che esista una realta' al di fuori della mia mente. Ma allora la penserei (è empirico che la sto pensando)! Quindi non c'è nulla al di fuori del pensero.



Per cui senso e significato coincidono.



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Se A è l'insieme di tutti i miei pensieri. Se X è la realta'. E' chiaro che X la penso , quindi X appartiene ad A, non le è estero. E cio' vale perogni X che io suppongo fuori dal mio pensiero A.



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Percepiamo? che io penso la realta' è un fatto empirico. Se la realta' fosse fuori la penserei cmq.



Se dico che che 2+2=4 non mi puoi dire che il secondo 2 è solo percepito e quindi potrebbe fare 5.



Io ho dimostrato che la realta' la penso (ed e' innegabile che la penso). Dimostrami tu che e' percepita. Dimostrami che c''e una realta' fuori dal mio pensiero. E' impossibile non sarebbe logico.


Questo contenuto è stato originariamente pubblicato su Y! Answers, un sito di domande e risposte chiuso nel 2021.
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