Se fra i pensatori del Seicento, Spinoza è colui che si spinse più
avanti rispetto ad altri nella ri-definizione del rapporto Uomo- Natura,
Max Stirner fu per l’Ottocento colui che si spinse più avanti nella
critica di concetti assolutizzati e nel recuperare il senso della tangibilitÃ
individuale in essi.
Lo Spirito è l’alibi con cui una progenie maliziosa attende ai propri
scopi; il cristiano e l’uomo di fede in genere, relega allo Spirito tutto ciò
che di meglio egli possa immaginare:ideali, qualità , propositi…
Nel corso della storia lo Spirito diventa un’entità abnorme,
fagocitante tutto quello su cui si posa lo sguardo umano, l’ epilogo di
ogni sua attività , delle sue creazioni,dei suoi pensieri e delle sue
realizzazioni.
Lo Spirito diventa il tarlo che interiormente rode le espressioni
migliori del consorzio umano: lo Stato, l’Umanità , il Progresso… tutto
si muove mosso da questo fantasma ideato sin dall’antichità per scopi
finalistici ed alla fine ha assunto i connotati onnipervasivi di sostrato
indipendente e trascendente di ogni cosa a cui l’uomo stesso,
paradossalmente, ha dato vita.
Stirner riconosce che da quando la Chiesa e le autorità religiose
in generale, un tempo limitavano e frustravano le aspirazioni
individuali, allo Stato moderno, nulla è cambiato. Anche lo Stato
violenta l’individuo come un tempo faceva l’oscurantismo religioso,
strappandogli ciò che gli è proprio; esso è un organismo che in nome di
un presunto alibi sovraumano e dei privilegi di un’astratta massa
anonima, nega la sopravvivenza del singolo e dei suoi diritti naturali.
Spinoza non aveva spiritualizzato il mondo, né aveva materializzato
la sostanza.La sua fenomenologia è quanto di più lineare possa esserci;
non necessita di giustificazioni trascedentali, escatologiche o
teleologiche.
L a sua sostanza è fine a se stessa, il mondo una sua
manifestazione singolare e collettiva,paritaria, non subalterna pur
delineandosi come modo od attributonel suo insieme.
Tutta la critica post-hegeliana, aveva piuttosto dei conti in sospeso
con quella sovraumanizzazione degli enti, con quell’alienazione del
mondo dall’uomo per far ritorno al presupposto dell’Io puro degli
Idealisti.
L’estremo rigurgito iconoclasta di Stirner consiste nello scoprire
come dietro la rivisitazione della dialettica hegeliana da parte dei suoi
critici della sinistra, quel suo darle la struttura fondata sul
materialismo storico, in realtà , si è finito col porre nuovamente in gioco
una gerarchia di enti al cui vertice starebbe un’astratta concezione
dello Stato – Leviatano in quanto tale e lo stesso si è operato nei
confronti di Proletariato, Rivoluzione, Storia…
Laddove vi è una critica delle leggi della dialettica hegeliana, essa
non si spinge mai oltre l’eliminazione di enti astratti o di concetti che
vengono ipostatizzati, nonostante i buoni propositi avanzati.
“L’errore consiste in ciò: che queste leggi non sono ricavate dalla
natura e dalla storia, ma sono ad esse elargite dall’alto come leggi del
pensiero(…) l’universo, volente o nolente, si deve regolare su un sistema
di pensiero che a sua volta non è altro che il prodotto di un determinato
grado di sviluppo del pensiero umano. Se noi capovolgiamo la cosa, tutto
diviene semplice. Le leggi della dialettica, che nella filosofia idealista
appaiono estremamente misteriose, divengono subito semplici e chiare
come il sole.” Così scrive F. Engels in “ Dialettica della Natura”,ma per
Stirner questo capovolgimento delle leggi della dialettica hegeliana non
è stato certamente sufficiente. Soffre di una grossa limitazione e questa
limitazione consiste nella mancanza dell’individuo, della considerazione
di esso quale insostiutibile attore della storia, della sua storia, oltrechè
quella impersonale del resto dell’umanità .