Domanda:
Fichte: primato dell'io pratico sull'io teoretico?
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2010-06-25 04:46:12 UTC
Per fichte il primato dell'Io pratico sull'Io teoretico è:
-il primato del realismo sull'idealismo
-il primato della libertà
-la capacità dell'uomo di annichilire la natura
-l'applicazione del principio di identità

oggi durante la terza prova ci siamo imbattuti in tale quesito a risposta chiusa (il prof era esterno).
escludendo la prima e l'ultima opzione siamo rimasti indecisi tra le due rimanenti ed alla fine abbiamo optato per la capacità dell'uomo di annichilire la natura.
cortesemente c'è qualche studioso di filosofia esperto in idealismo capace di spiegarci in modo chiare quale risposta è quella esatta e per quale motivo? grazie mille, 10 punti al migliore.
Cinque risposte:
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2010-06-25 06:19:50 UTC
La risposta giusta è il primato della libertà. Infatti, gli storici della filosofia insistono molto sul primato della ragion pratica nell'idealismo di Fichte, sottolineando come la stessa produzione dell'oggetto (il non io) da parte del soggetto (l'io) - produzione che è descritta nella famosa deduzione dei tre principi della Dottrina della scienza - si giustifica primariamente sul piano pratico-morale. In sostanza l'io porrebbe al suo interno il non io per avere un "teatro" (la natura) sul quale agire al fine di rendersi (con uno sforzo che non ha mai fine) sempre più libero dai condizionamenti che la natura interna (i propri impulsi sensibili) ed esterna (i vincoli, gli ostacoli, i bisogni legati al rapporto con la dimensione oggettiva e materiale) oppone alla sua autorealizzazione come soggetto consapevole e morale. Lo stesso Fichte scrive infatti: "Frei sein ist nichts, frei werden ist der Himmel" (essere liberi è nulla, divenirlo è cosa divina).

La risposta che avete scelto, a mio parere, non è corretta in quanto in Fichte la dimensione oggettiva (la natura materiale) non viene mai annichilita: se venisse meno, infatti, l'io mancherebbe degli ostacoli che costantemente ne sollecitano lo sforzo a costruire se stesso come soggetto libero e morale e allora - lungi dall'auto-realizzarsi - sprofonderebbe invece nell'inazione e nella stasi della necessità naturale (ovvero in una condizione direi più animale che propriamente umana).
iebitas_orientamento.analitico.pragmatico
2010-06-25 23:31:05 UTC
@filone Non ti permetto di rivolgerti così a Giovanni! Egli è senz'altro il miglior utente che questa community abbia mai avuto. Devi sapere che egli nella sua folgorante carriera ha:



-Pubblicato il libro "l'uomo e la filosofia" che ha venduto 13 000 copie

-Scrive dal 1996 per la rivista di filosofia

-Ha 33 anni, e collabora con diverse riviste internazionali di filosofia (che cosa siano francamente non l'ho capito)

-Ma ogni tanto ne ha 39, e và a letto con ragazze di 15 anni più giovani (e di questo sono molto invisdioso)



Molto probabilmente scriverà anche sul new yorker e giocherà a ping pong con Max Cacciari.... (ma tu pensa....)



Ciao ù.ù
Filone
2010-06-25 18:35:03 UTC
Siccome iebitas non può stare tutto il giorno al computer, mi unisco alla sua campagna per spingere Giovanni a citare queste minkia di fonti



http://www.padrebergamaschi.com/Filosofia/fichte.html



Che gusto ci trovi a fare copia e incolla? chi stai cercando di convincere di cosa? non hai neanche un briciolo di dignità?



Sono incerto se queste risposte non andrebbero segnalate come abusi.
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2010-06-25 13:17:37 UTC
E' sicuramente la seconda!!! Ovvero il primato della libertà. Se ti puo' aiutare a capire il perchè ti mando il link della mia risposta ad una domanda aperta da poco su Fichte! https://answersrip.com/question/index?qid=20100624124008AAVKipC&show=7#profile-info-wnTL57EQaa



ps: comunque che domanda di *****!!!!



In breve...se non vuoi leggere tutto, L'io puro o teoretico, non riuscirà mai a liberarsi dal limite, neanche attraverso un processo infinito perchè riproporrà sempre la contraddizione iniziale. Ma l'io vuole essere libero e quindi assume come ideale nella storia la realizzazione della propria libertà. L'io pratico che si manifesta in un popolo puo' realizzare la propria libertà, l'io teoretico no. Ma se cio' che conta è la libertà allora l'io pratico ha un primato rispetto all'io teoretico!
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2010-06-25 17:55:56 UTC
Fichte si domanda cosa ci sia alle radici della conoscienza umana, quale sia il principio fondamentale che regola il rapporto tra coscienza e realtà. il principio fondamentale della conoscenza. Per Fichte questo principio è l'Io. Che cos'è l'Io? L'Io è l'autocoscienza del soggetto, il riconoscersi, il definirsi da parte di un individuo pensante. L'Io di Fitche è quindi coscienza di sé e del proprio pensiero. La conoscenza umana si fonda su una contraddizione: da un lato l'autocoscienza di sé, dall'altro la coscienza di ciò che noi non siamo. L'Io ha in sé potenzialità assolute di conoscenza, tuttavia non è l'Assoluto, non è il tutto, come invece sosterrà Hegel e l'idealismo più autentico.

L'Io non è tutto perché ha in sé la negazione, perché lo stesso Io identifica, oltre a sé, anche tutto ciò che esso non è: ciò che è negazione dell'Io, che è pensiero cosciente di sé, è necessariamente materia, ovvero assenza di pensiero cosciente. L'Io è attivo, illimitato nelle sue potenzialità, la materia, al contrario, è passiva, limitata, determinata.

L'Io è illimitato per ciò che riguarda la sua attività di creazione, di definizione dei limiti. Quando l'Io definisce il non-Io partecipa necessariamente alla limitazione del non-Io, l'Io, da soggetto, si oggettivizza. Ma il semplice fatto di avere coscienza dei limiti che si impone, porta l'Io a ribadire la propria illimitatezza, perché rendendosene conto, già si portà aldilà della limitazione stessa. Il non-Io si pone così come passaggio necessario per permettere all'Io di andare oltre i suoi limiti. Questo rapporto dinamico tra Io e non-Io è dunque ciò che permette alla realtà di evolversi, ciò che permette ai due momenti della coscienza di procedere e svilupparsi, per arricchimento.

Compito degli uomini è tendere al costante miglioramento delle proprie conoscenze e al costante oltrepassamento dei propri limiti, poiché l'importante non essere liberi in senso assoluto (un'impossibilità), ma avere in sé la volontà liberarsi, in modo da tendere comunque all'oltrepassamento, nonostante non sia possibile raggiungere una meta finale in cui tutti i limiti siano oltrepassati (l'Io, infatti, crea ogni cosa incessantemente, pone infinitamente nuovi limiti).

Da notare che per Fichte la vera filosofia è idealista, caratteristica dell'uomo vitale e giovane, mentre il dogmatismo è carrateristica dell'uomo fiaccato dai tempi e dalle frivolezze, dell'uomo che non ha la forza di reagire. Dogmatismo e idealismo sono quindi necesarriamente legati alle qualità umane di chi li professa, legati al carattere naturale di ciascun uomo.


Questo contenuto è stato originariamente pubblicato su Y! Answers, un sito di domande e risposte chiuso nel 2021.
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