Ricordo che molto tempo fa posi proprio su Answers, in fisica, una domanda in cui ipotizzavo che per quanto improbabile, se il tempo è infinito l' universo si sarebbe ripetuto identico infinite volte e le nostre vicende con esso. Tra una ripetizione e l' altra sarebbero passati miliardi di anni, ma noi morendo non avremmo avuto coscienza di questi tempi enormi di assenza, per cui soggettivamente essi sarebbero stati nulli e all' istante saremmo rinati per rivivere sempre identica la nostra vita, ma senza saperlo, ogni volta sarebbe stata la prima. Allora non conoscevo ancora la teoria dell' eterno ritorno di Nietzsche, ma avevo avuto la sua stessa ispirazione: se l' universo è finito e il tempo infinito non c' è scampo: questa stessa vita che viviamo si ripete sempre senza soluzione di continuità.
Come si fa ad accettare questa gabbia? tu chiedi. Essa è in qualche modo accettabile proprio in quanto ogni volta la nostra vita identica si ripresenta nuova, ogni volta noi non sappiamo e questo non sapere salva l' illusione di una volontà che ci appartiene e che può cambiare le cose, ogni volta per noi è una sorpresa unica e il pensiero dell' eterno ritorno dell' identico non lo viviamo, al massimo possiamo concepirlo e subito ritirarci sconvolti da questa ipotesi, come se fosse un' idea mostruosa ma pur sempre fantasiosa e irreale e la nostra salute mentale non ne viene compromessa.
Ciò che davvero spinge Nietzsche verso questa idea è però non tanto l' asettica logica dell' universo finito nel tempo infinito, quanto l' idea di una volontà di potenza senza limiti.
Il limite invalicabile contro cui va a sbattere la volontà di potenza è infatti il muro invalicabile del passato. Il passato non può essere cancellato da alcun atto di volontà, ciò che è accaduto è inesorabilmente per sempre. Suggestionato dal pensiero greco che ancora concepiva un tempo non lineare ripreso dall' antichissimo nito dell' Uroboro, ecco allora che Nietzsche sente che il passato in realtà può sempre ripresentarsi come presente, ove il presente è proprio il momento su cui la volontà è libera di agire in questo preciso istante, ma proprio perché il passato non diventi intoccabile esso va concepito come un eterno ri-presentarsi adesso dello stesso identico passato. Ogni attimo dunque è eterno e il riconoscimento di questa eternità che eternamente si ripresenta non pone limite alcuno alla volontà, perché pure il passato è un diveniente, non uno stato di cose immutabile e definitivo. Ma è proprio in quanto il divenire deve essere garantito in toto, si palesa l' angoscia totale di un divenire che si ripete sempre uguale, di un presente da cui non vi è assolutamente alcuna via di fuga, di una volontà che nel tripudio della sua potenza non può che accettare la sua totale impotenza. Questa è l' ultimo atto della angosciante tragedia in cui precipita il pensiero di Nietzsche: l' Essere negato dalla volontà affinché davvero tutto sia in divenire, uccide la stessa volontà che ha voluto negarlo. Il nichilismo della volontà suprema uccide se stesso e l' unico atto di libera volontà ancora possibile è l' accettazione completa, definitiva e paradossale dell' annientamento di quella stessa volontà che vuole il Divenire, quel morso alla testa del serpente di cui parla bob g è la completa accettazione di un suicidio, di una volontà che accetta il suo stesso annientamento, per quanto sconvolgente esso sia.
Nel momento del completo trionfo la volontà è annientata e con essa lo stesso Oltreuomo che l' ha fatta sua. Il trionfo, la completa realizzazione di questa volontà e dell' Oltreuomo è proprio questo annientamento e il ciclo descritto dall' Uroboro, il mitico serpente, si completa nell' auto divorarsi.
F.I. mi offri la ghiotta occasione di vendicarmi del sospetto di neo cartesianesimo! Chiedi "che cosa autorizza a unire le vite identiche alla stessa unica individualità?" semplice, quell' individualità, quell' io, è proprio esattamente quella vita vissuta, a meno che non si pensi alla mamiera neo cartesiana a un io separto dal suo vivere, più o meno come un puro spirito infilato in una pura materiale macchina corporea.